L’assegno divorzile, il caso Berlusconi

L’assegno divorzile, il caso Berlusconi

Posted on: 30 Settembre 2020 Category: News Comments: 0

L’assegno divorzile, il caso Berlusconi

 

La Corte di Cassazione nel 2018 con una sentenza che è divenuta celebre perché il principio in essa enunciato è stato applicato anche nel caso del divorzio tra Berlusconi e Veronica Lario ha inaugurato una nuova stagione relativamente alla determinazione dell’importo dell’assegno di divorzio. E qual è questo principio che ha consentito a Berlusconi di vedere ribaltata in appello la sentenza del Tribunale di Milano, ottenendo dalla Corte d’Appello di Milano la revoca l’assegno di divorzio e l’imposizione a Veronica Lario dell’obbligo della di restituirgli 46.345.600 euro (restituzione alla quale poi Berlusconi rinunciò)?

L’evoluzione giurisprudenziale più recente ha trovato la sua tappa conclusiva nella citata decisione della Suprema Corte a Sezioni Unite N. 18287/2018. E’ stato abbandonato il dogma del “tenore di vita” come parametro di quantificazione dell’assegno divorzile.

L’assegno divorzile non ha più lo scopo di ripristinare il tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio, ma quella di riconoscere e valorizzare il ruolo e il contributo fornito alla formazione del patrimonio familiare e di quello personale degli ex coniugi.

Il processo che il Giudice deve seguire nel determinare l’importo dell’assegno quindi oggi è questo:

  • il Giudice deve comparare le condizioni economico-patrimoniali delle parti;
  • se risulta che il richiedente è privo di mezzi adeguati o è oggettivamente impossibilitato a procurarseli, si dovranno accertare le cause di questa situazione alla luce dei parametri indicati all’art. 5, sesto comma della L. n. 898/1970 sul divorzio: in particolare si dovrà valutare se ciò dipenda dal contributo che il richiedente ha apportato al nucleo familiare e alla creazione del patrimonio comune, sacrificando le proprie aspettative personali e professionali in relazione alla sua età e alla durata del matrimonio;
  • fatta questa valutazione il giudice dovrà quindi quantificare l’assegno divorzile, rapportandolo non più al pregresso tenore di vita familiare, né all’autosufficienza economica del richiedente, ma avendo come unico scopo quello di garantire all’avente diritto, alla moglie nella maggioranza dei casi, un livello reddituale adeguato al contributo precedentemente fornito.

Deve essere valutato se l’eventuale inadeguatezza di mezzi non dipende dalla incapacità lavorativa o da fattori esterni alla volontà di chi lo richiede, ma al contrario dall’aver liberamente deciso di abbandonare l’occupazione che fino ad allora aveva garantito un reddito fisso. L’importo dell’assegno dipende dall’aver concorso in maniera rilevante alla formazione del patrimonio comune familiare e alla cura della famiglia e dall’aver sacrificato le proprie aspettative lavorative a vantaggio delle esigenze familiari.

In conclusione oggi, quando i Tribunali decidono sull’assegno che spetta al coniuge economicamente più debole, non devono più garantirgli di continuare la sua vita con lo stesso tenore di vita di prima, ma devono applicare il principio della solidarietà post-coniugale collegandola a quella della autoresponsabilità personale. Quanto fatto in corso di matrimonio per la famiglia ha un riconoscimento. Se si è contributo alla crescita del patrimonio famigliare il Giudice ne terrà conto, ma il coniuge economicamente più debole, quando il matrimonio finisce, non può più pretendere semplicemente di continuare a vivere nella ricchezza solo perché aveva sposato qualcuno molto ricco.

Avvocato Andrea Callegari