I reati commessi con i social network
I reati commessi con i social network
L’avvento dei social network ha determinato una vera e propria rivoluzione nel mondo della comunicazione. I social in pochi anni sono divenuti il più grande ambiente virtuale di espressione di pensieri e opinioni. La virtualità dei “social” non li rende però un mondo astratto in cui non ci sono regole. Vi siete mai realmente chiesti quali possono essere le conseguenze, anche penali, di quello che scrivete su internet?
Diversamente da ciò che succede quanto si comunica con i media tradizionali, su Internet la diffusione delle notizie, commenti e opinioni non è oggetto di preventiva analisi e tutti possono dire la loro. Il mal inteso diritto di parola comunicata al mondo nasconde l’alta possibilità di commettere reati, in particolare quello di diffamazione.
L’art. 595 del codice penale recita: “chiunque […] comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a duemilasessantacinque euro. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa [57-58bis] o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità (4), ovvero in atto pubblico [2699], la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.
Gli elementi che distinguono il reato di diffamazione sono la comunicazione con più persone, intesa come pluralità di soggetti che siano in grado di percepire l’offesa e di comprenderne il significato, e poi l’offesa alla reputazione del soggetto che si vuole colpire, in maniera cosciente e consapevole. L’articolo specifica poi tra le aggravanti del reato il mezzo con cui l’offesa della reputazione altrui viene commessa: il mezzo stampa o altro mezzo di pubblicità.
La Corte di Cassazione ha affermato che la pubblicazione di una frase offensiva su un social network rende la stessa accessibile ad una moltitudine indeterminata di soggetti, con la sola registrazione al social network, ed è perciò indubbio che uno degli elementi essenziali della diffamazione sussiste.
Il “profilo”, la “bacheca” e ogni altro spazio presente sui social network, secondo le più recenti sentenze della Suprema Corte, sono mezzi idonei per realizzare la pubblicizzazione e la circolazione, tra un numero indeterminato di soggetti, di commenti, opinioni e informazioni, che, se offensivi, comportano l’integrazione del reato di diffamazione, aggravata dall’utilizzo di un mezzo di pubblicità.
E’ quanto è stato affermato dalla Corte di Cassazione (Cassazione penale, sez. V, 03/05/2018, n. 40083) secondo cui “La costante giurisprudenza di legittimità … afferma senza dubbio, proprio con riferimento ai messaggi ed ai contenuti diffusi tramite un social network, che la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca del social network integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595, comma terzo, cod. pen., poichè trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone ….. Più in generale ….. è stato poi affermato che deve presumersi la sussistenza del requisito della comunicazione con più persone qualora l’espressione offensiva sia inserita in un supporto …… per sua natura destinato ad essere normalmente visionato da più persone. Ebbene, non vi è dubbio che la funzione principale della pubblicazione di un messaggio in una bacheca o anche in un profilo del social network sia la “condivisione” di esso con gruppi più o meno ampi di persone, le quali hanno accesso a detto profilo, che altrimenti non avrebbe ragione di definirsi social.”
Stiamo attenti a scrivere quello che ci passa per la testa su un social network pensando, come diceva Eco, di essere al bar con gli amici. Le conseguenze delle nostre opinioni appese ad una bacheca virtuale ma non inesistente ci possono esporre a conseguenze molto gravi. E al di là delle conseguenze penali (ed economiche, perché al fatto reato si accompagna quasi sempre ad un obbligo di risarcimento e di pagamento di ingenti spese processuali), ci possono essere quelle altrettanto gravi e pericolose di divenire a nostra volta oggetto di attacco social.
Avvocato Andrea Callegari