Rami e radici invadenti
Rami e radici invadenti
Capita che vicino si lamenti che i rami del vostro albero o della vostra siepe invadano il suo terreno. Magari ostacolano in qualche modo il passaggio o semplicemente lo infastidiscono. La domanda è: può il vicino tagliare i rami?
L’art. 896 del Codice Civile dice: “Quegli sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino può in qualunque tempo costringerlo a tagliarli… “. Quindi il vicino infastidito non può tagliare i rami; ha però diritto di chiedere che sia il proprietario a tagliarli. E se il proprietario non li taglia? Potrà rivolgersi al Giudice che emetterà un provvedimento che lo obbligherà a farlo. Al Giudice potrà anche essere richiesto il risarcimento del danno subito in conseguenza dell’invasione dei rami (si pensi alle spese necessarie a ripulire dalle foglie che cadono e marciscono o ai graffi sull’automobile). Non si usucapisce il diritto a tenere i rami protesi sul terreno altrui. Non c’è quindi limite di tempo per pretenderne il taglio.
E se a sconfinare sono le radici? Lo stesso art. 896 del Codice civile prosegue dicendo. “ … e può egli stesso tagliare le radici che si addentrano nel suo fondo”. Quindi il vicino può, senza chiedere il permesso, tagliare lui direttamente le radici.
In entrambi i casi, l’art. 896 del Codice Civile dice ancora “ … salvi però in ambedue i casi i regolamenti e gli usi locali.”. Questi due principi generali possono quindi essere derogati da regolamenti emanati dell’autorità locale o dagli usi.
E se il vicino taglia i rami? Commette un illecito civile, che fa sorgere il diritto al risarcimento del danno e contemporaneamente anche il reato di danneggiamento punito dall’art. 635 del codice penale
Di in caso emblematico di come situazioni del genere possono far degenerare i rapporti tra vicini si è occupata la Corte di Cassazione in una sentenza del 2011.
Una donna era entrata nella proprietà del suo vicino di casa e aveva tagliato una siepe i cui rami, sporgenti oltre la recinzione, ostacolavano il passaggio della sua autovettura. Sorpresa dal proprietario, inveì contro di lui ingiuriandolo. Il Tribunale la condannò per i reati di invasione di terreni (art. 633 c.p.), danneggiamento (art. 635 c.p.) e ingiuria (art. 594 c.p.).
L’imputata fece ricorso in Cassazione. La Suprema Corte confermò la condanna per il danneggiamento: la signora aveva addirittura estirpato l’intera pianta e non solo i rami sporgenti. La assolse per l’invasione del terreno in quanto la donna si era introdotta nel terreno del vicino solo per tagliare i rami e non per occuparne il terreno o, comunque, per trarne un profitto. La assolse anche per l’ingiuria perché ritenne che le espressioni utilizzate non configurassero il reato perché non erano offensive dell’onore o del decoro. «Sei ridicolo, ti comporti come un bambino, chi ti credi di essere, il padrone del mondo? Ricordati che sei un uomo e non puoi portarti nella tomba i beni che possiedi!». Le espressioni vennero ritenute solo sarcastiche e provocatorie, non offensive.
Da ultimo: e i frutti che cadono dall’albero del vicino sul mio fondo? Lo stesso articolo 896 del Codice Civile dice che se gli usi locali non dispongono diversamente, i frutti naturalmente caduti dai rami protesi sul fondo del vicino appartengono al proprietario del fondo su cui sono caduti. Se gli usi locali dispongono invece che i frutti appartengono al proprietario dell’albero, per la raccolta di essi dovrà essere consentito al vicino di entrare nel fondo sul quale sono caduti per raccoglierli.
Avvocato Andrea Callegari